14. Storie di un fotografo di Quartiere
Storie di un fotografo di Quartiere.
Si apre lentamente la porta, due persone, un signore con barba sulla sessantina e un altro signore, ricurvo, molto lento, ogni passo non superava di certo i due centimetri, mi avvicino subito alla porta e do una mano per sostenerlo, mi allungo con una mano per afferrare la sedia bianca pieghevole per aprirla e farlo accomodare dopo il “lungo e lento” viaggio dalla porta alla sedia, finalmente siamo arrivati a destinazione, con molta cautela lo facciamo sedere, un sospiro di sollievo, soprattutto per lui che vede ogni metro di distanza come una vera e propria sfida.
Cosa deve fare, la fototessera?
Annuisce, si stava ancora riprendendo l’ossigeno perso, nel frattempo intuisco che il signore barbuto è il figlio, si notava dall’assomiglianza nello sguardo, uomo pacato e gentile che guardava il padre con un certo rispetto, come se ogni secondo fosse stato come una colata d’oro sulla strada del cammino della loro esistenza, un po’ come la strada che percorreva Dorothy per trovare il Mago di Oz.
Preparo le luci e metto la macchina al collo, mi accorgo che il signore seduto aveva ancora addosso il montone, un vecchio montone scuro, uno di quelli che si prende per tutta la vita, uno di quei capi d’abbigliamento che durano per sempre, lo prendiamo in due con decisone e delicatezza, gli sfiliamo prima un braccio e poi l’altro braccio, sotto aveva una polo rossa che il figlio gli aveva allacciato fino al collo, ma lui si sentiva troppo costretto e decise di slacciarsi i primi due bottoni, il figlio lo riprende: “Ma no così non va beneee!” lui, anche se con voce fievole risponde deciso “A mi ma pias insì!!!”, rassicuro il figlio dicendogli che andava bene anche così, uno sguardo dell’anziano mi ringrazia, accendo le luci, con voce decisa gli dico di guardare nell’obiettivo, lo scatto riesce benissimo, spego le luci e gli faccio una domanda: “Quanti anni ha?”, lui mi risponde con la sua voce fievole ma sempre con una certa decisione e nel rispondermi avverto anche un accenno di soddisfazione nel suo sguardo e mi risponde: ” CENTO!”, mi fermo un attimo e gli rifaccio la domanda, pensavo di aver capito male e lui mi risponde con ancora più soddisfazione, come se fosse stato da Iva Zanicchi al giro della ruota di Ok il prezzo è giusto: “CENTO – CENTO!”, e sì, avevo capito bene, dietro di me il figlio mi dice: “Sì cento, li ha compiuti a ottobre 2023!”, lui risponde ancora: “CENTOUNO!” e il figlio: “Non sono ancora centouno papà, li farai a ottobre quest’anno!”, lui lo guarda con occhi sicuri, come per digli “Tranquillo che ci arrivo”.
Che incredibile uomo, parla a suo figlio con una lucidità assoluta.
Mentre stampo le fototessera lui si guarda in giro nello studio e dice al figlio che nel mio studio una volta c’era un fiorista, ho pensato, boh, starà parlando degl’anni 50 quando al Vallone non c’era nemmeno la chiesa. Guardava le foto che ho appese ai muri neri dello studio e le ammirava con un certo interesse, bhe, mi ha fatto sentire orgoglioso di quello che faccio, per me è stato un premio silenzioso che pochi possono vivere, è durato tutto pochissimo tempo.
Gli do le foto, le guarda, alza lentamente lo sguardo e mi ringrazia, faccio un cenno come per inchinare il capo e sono io a ringraziare lui.
Lo alziamo dalla sedia, gli rimettiamo il suo vecchio montone scuro, il figlio gli mette la cuffia nera di lana e li accompagno fuori e ho avuto tutto il tempo per dirgli che è stato un vero piacere, facendogli gli auguro di buon anno.
Per lui sarà stata solo una piccola soddisfazione, per me è stato un vero onore.
A volte entrano persone straordinarie per cui ne vale la pena raccontare le storie di un fotografo di Quartiere.
#COSTRUTTOREDIRICORDI
Storie di un fotografro di Quartiere.